mercoledì 1 dicembre 2010

Freud: l'esame di realtà per ripartire




In un breve saggio del 1925 “La negazione”, Freud scrive:

La funzione del giudizio ha in sostanza due decisioni da prendere. Deve concedere o rifiutare una qualità a una cosa e deve accordare o contestare l’esistenza nella realtà a una rappresentazione.”

E continua, riguardo alla seconda decisione: “Ora non si tratta più di stabilire se un qualcosa che è stato percepito debba essere accolto nell’Io oppure no, ma invece se una certa cosa, presente nell’Io come rappresentazione, possa essere ritrovata anche nella realtà.

Vale a dire si tratta dell’esame di realtà. All’Io-piacere, che rigetta ciò che è male e accoglie ciò che è bene per l’Io stesso, si sostituisce l’Io-realtà che deve affrontare la realtà o meno di una rappresentazione.
Freud sintetizza insomma il dramma infinito della nostra conoscenza: l’inevitabile scontro tra percezione soggettiva e realtà oggettiva, che si manifesta, per Freud, nel momento in cui l’oggetto viene perduto. L’esame di realtà serve all’Io per convincersi che ciò che percepisce come rappresentazione, non ha più esistenza nella realtà com’era accaduto prima, all’iniziale percezione.
A dir poco geniale, secondo me. Basta riferirsi alla nostra esperienza di vita e di affetti per rendersi conto di quanto ciò sia vero. E ancora più importante perché l’analisi Freudiana riconosce il trauma che può causare l’ esame di realtà, ma Freud sottolinea come il pensare la perdita sia il primo passo verso un investimento emotivo ulteriore.
L’esame di realtà è la prova più difficile per l’Io che tende a rappresentarsi e ad avere in sé il bene, giungendo fino a rappresentarsi il bene, anche laddove non c’è.
Freud riconosce la difficoltà dell’apertura emotiva dell’Io e della paura di perdersi nella pluralità delle relazioni umane. Di scoprire di essere uno-fra-gli-altri. Apertura è minaccia. Emozione può divenire sofferenza. D’altra parte, visto dal mio punto di vista e, probabilmente dal punto di vista di Freud, meglio un esame di realtà che ci permetta un vivere consapevole, piuttosto che un investimento libidico fuori dalla realtà.
Detto in altre parole: sempre meglio conoscere la realtà che si ha di fronte, che idealizzarla per il proprio bene. Perché in questo caso si tratterebbe di un bene irreale, alienato e alterato, mentre l’esame lucido di realtà può e deve essere il sostrato da cui ripartire per investire nuovamente, una volta che l’Io abbia superato il trauma, la propria emotività.

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