venerdì 9 aprile 2010

L'insostenibile leggerezza del... caso


Mi ha sempre affascinato l’idea che ciò che è la nostra vita oggi, deriva da una serie di fatti avvenuti in un determinato ordine. E per fatti non intendo grandi cose, ma piccoli dettagli che però cambiano tutto. Gli incontri che ci hanno cambiato la vita sono nati da circostanze determinate. Quelle e non altre. Perché se il semaforo fosse stato rosso e non ci fossimo dimenticati il telefono o magari avessimo comprato il pane in un forno o nell’altro o fossimo usciti 30 secondi dopo, beh quelle persone non le avremmo mai conosciute.
Non ho il sostegno di una fede nella predeterminazione, né credo in un disegno che si sta svolgendo. Ma è proprio la consapevolezza che c’è il caso dietro ogni azione, ciò che mi attrae maggiormente. Perché, paradossalmente, l’idea che ogni fatto rientri in un progetto, la riporta in un piano di logicità, di staticità e la rende comprensibile all’uomo. Al contrario il caso non può essere capito, perché non ha una logica intrinseca. Per questo l’uomo cerca di imbrigliare la casualità in oroscopi o destini vari, per tenere sotto controllo ciò che altrimenti non potrebbe. E sappiamo quanto ci da fastidio non sapere, non potere sapere. Ci da così fastidio che inventiamo soluzioni, razionalmente inaccettabili, solo per il gusto di far finta di avere coscienza.
Ad ogni modo, al prezioso contributo del caso mi ci ha fatto pensare Kundera ne: L’Insostenibile leggerezza dell’essere. Si chiede Kundera: gli incontri nascono da una serie di circostanze stupide, di poco conto. E la natura della loro origine li rende meno importanti? O al contrario è proprio perché nascono da circostanze fortuite che sono ancora più eccezionali?
Io opto per la seconda, tutta la vita. Se penso alla mia vita oggi, ad esempio, devo molto ad una fotocopiatrice. Ma questa è un’altra storia e non mi ci addentro, perché voglio prestare fede al mio proposito di non vomitare informazioni personali solo per il gusto di farlo.