venerdì 19 novembre 2010

Oggi ho visto la Gioia, io disincantata spettatrice.



Oggi ho visto la Gioia. Si si, proprio quella con la G maiuscola. Se la scena fosse stata una fotografia l’avrei chiamata così: la Gioia. L’ho vista alle 12.25 negli occhi di una ragazza, in piedi su una panchina della stazione. Aveva i capelli ricci e neri, che uscivano da un cappello di lana. Muoveva la testa alzandosi sulle punte, cercando con frenesia tra la gente che scendeva dal treno. Un flusso di persone distratte, pensierose, sole le une rispetto alle altre, percorsi di vita paralleli che sfuggivano sfiorandosi.
Lei era lì in piedi su tutti che le passavano intorno, ma la Gioia ancora non c’era. C’era solo la concentrazione della ricerca, la speranza e l’attesa. La Gioia è arrivata dopo, è stata un’esplosione. Un salto. Tutto in pochi secondi. La Gioia s’è realizzata così, un salto e un incontro. Anzi, un salto per l’incontro. Lui è arrivato con dei bagagli pesanti, il volto provato forse dal lungo viaggio. Lei è saltata dalla panchina e in un secondo la Gioia l’ha presa. Li ha presi, persi in un abbraccio. Un abbraccio forte forte. La Gioia era lì fra loro, con loro e in loro. Pervadeva i loro visi sorridenti, di un sorriso pieno, caldo, sicuro, realizzato. Era nelle loro braccia strette, in quelle di lui che la sollevavano e in quelle di lei che lo stringevano forte. La Gioia era nella sorpresa di trovarsi, pur standosi già cercando. C’era la Gioia maturata nell’attesa, la pienezza di un desiderio realizzato.
Loro erano lì, mentre gli altri tiravano dritto. Erano in un abbraccio sospeso nel tempo, chiusi tra loro, nella certezza della loro felicità, nel godimento di loro stessi. Erano stretti, attaccati, uniti realmente.
Oggi ho visto la Gioia. E per un attimo un raggio della sua luce ha colpito anche me, riflesso momentaneo della loro Gioia, vissuta da fuori, come una scena luminosa.

Oggi ho visto la Gioia, io disincantata spettatrice.

mercoledì 17 novembre 2010

Il vento dell'esperienza




La stanza era molto luminosa quel pomeriggio. La luce filtrava attraverso le leggere tende bianche investendo ogni cosa e una leggera brezza si faceva spazio tra le rampicanti che carezzavano la ringhiera del balcone. Quando Virginia entrò, la trovò di spalle, seduta sulla sua poltrona preferita. Intorno a lei profumo di lavanda e di pulito. Ad Eva non servì voltarsi per riconoscere sua nipote e sentire la giovinezza che irrompeva nella stanza. Sempre guardando fuori dalla finestra, avvolta nel suo scialle cobalto, le disse con dolcezza: “Vieni Virginia, siedi accanto a me” indicando con la mano grinzosa il divanetto sotto la finestra. “Hai portato i bignè alla crema che ti avevo chiesto?”
“Si nonna, ma non dovresti mangiarli, lo sai”
“Senti bambina, a questo punto della mia vita non m’importa tanto allungare il brodo, quanto godermela” rispose Eva ridendo. Poi si drizzò sulla poltrona, due colpi ai braccioli quasi a voler dar inizio alle danze e disse decisa: “Virginia ti ho chiamato perché ho da dirti delle cose e voglio tu mi stia bene a sentire, quindi mettiti comoda e ascolta questa vecchia. Prima però passami un bignè.”
“D’accordo nonna, ti ascolto”
“Bene, ragionavo tra me e me, che se ancora posso fare qualcosa di buono è passarti le mie esperienze e non voglio andarmene all’altro mondo, ammesso che ce ne sia uno, senza prima darti qualche dritta. È chiaro che lo faccio più per stare in pace con la coscienza che per altro, però qualcosa te la voglio dire. Virginia a me è andata bene, anche se dovessi morire domani la mia vita l’ho vissuta e dio solo sa quante ne ho passate. Nessuno di noi sa quanta strada ha davanti a sé, ciò che può fare però è percorrerla al meglio. Non dimenticarti della tua felicità, è l’unica meta a cui devi ambire se vuoi impiegare bene la tua vita. Non sfruttare gli altri per raggiungerla. Non sfruttare mai nessuno. Scegli la verità, perché le bugie sono troppo faticose. Usa bene le parole, non sprecare fiato con chi non ne vale la pena, abbi il coraggio di dire quello che pensi. Prendi una posizione e assumitene le responsabilità. Non aver paura di seguire i tuoi istinti, siamo nella natura, che ci piaccia o no siamo animali con un po’ più di cervello. Struccati prima di andare a dormire, sempre. Essere donna è più faticoso di essere uomo, lotta ogni giorno affinchè non lo sia più. Guardati dai compromessi e non venderti. Bevi del buon vino, ubriacati e ridi fino a che non ne puoi più. Comprati un buon libro, deve sceglierti lui mentre passeggi tra gli scaffali. Bevi tanta acqua e assaggia ogni sapore. Buttati nell’amore, a capofitto, ma non dimenticare mai la tua dignità. Apri le spalle e sorreggi le delusioni, ce ne saranno tante, preparati a cadere dalle nuvole e a rialzarti. Occhio alla tua famiglia, è l’unica che non ti tradirà mai. Vai a vedere una mostra da sola, vai al cinema da sola, vai al mare d’inverno, meglio con la pioggia e rimani ad ascoltarlo. Piangi se ti servirà, urla, sbraita, perdi il controllo e riacquistalo. Lavora sodo e ne trarrai soddisfazioni. Non dare giudizi affrettati. Impara a fare una torta. Vesti il tuo corpo nel modo che più ti fa stare meglio. Cerca di dare un’occhiata intorno, guarda ai bisogni degli altri, perché sono anche i tuoi. Il diverso è un arricchimento, lo straniero fuori casa sei tu. Pensa, pensa tanto. Conosci, viaggia, impara. Prendi il buono delle persone e guarda il bicchiere mezzo pieno. Ti servirà. Ora passami un bignè per favore. E non alzarti che non ho finito”Virginia era incantata. Non pensava che quel pomeriggio si sarebbe rivelato così ricco. La nonna continuò a parlare, interrompendosi solo per ridere e sistemare il suo scialle cobalto. Virginia ascoltava e si sforzava di tenere a mente tutto, non voleva perdersi nulla. A vederle dalla finestra, queste due donne, l’una di fronte all’altra, l’una a gambe incrociate, l’altra ritta in poltrona, l’una in un fiume di parole, l’altra attenta discepola all’ascolto, si sarebbe potuto dire che la vita stava passando di là. Entrava con il vento attraverso l’edera, inondava la stanza come la luce e si spandeva nel dolce suono dell’esperienza che Eva passava a Virginia.