sabato 9 ottobre 2010

La ragazza appoggiata allo stipite e l'Università privata


Se vogliamo trovare un lato positivo nel trasporto ferroviario regionale, è che a causa degli spazi esigui a disposizione nelle ore di punta, è più facile parlare con perfetti sconosciuti e condividere un pezzo di giornata. Sarà che la sofferenza di stare in piedi pigiati gli uni contro gli altri, oltre al nervoso, porta con sé un po’ di afflato umano, sarà che non si riesce a leggere perché il libro diventa un ingombro, fatto sta che si chiacchiera più facilmente.
L’altro giorno, per l’appunto, tornando da Roma con il regionale delle 12.45, dopo un’estenuante mattinata PERSA tra le reti della burocrazia della Sapienza, ho incontrato uno studente che conoscevo e che, come me, aveva il dente avvelenato per l’inefficienza del sistema universitario. Guarda caso, tra me e lui, infilata affianco allo stipite della porta, quasi a formare un triangolo simbolico voluto dal destino, c’era una ragazza che ascoltava interessata.
La frase con cui la signorina ha esordito è stata: “Beh, se è così inefficiente e dispendiosa in termini di tempo e energie, perché non fate come me e passate all’università privata?”
Non so perché, ma la mi diplomazia fortunatamente non mi ha abbandonato, sopportando il caldo e la mattinata infernale e ho deciso di affrontare l’argomento con calma e tranquillità. Anche perché stavamo ancora all’altezza di Pomezia (e la tratta Roma-Latina dura una quarantina di minuti).
Sottolineo che il mio intento non era, e non è, quello di puntare il dito contro coloro che scelgono la privata perché se lo possono permettere o perché ritengono sia meglio. Però ho colto la palla al balzo per affrontare un discorso che mi sta particolarmente a cuore. E cioè il tentativo del governo (e dei governi), ormai quotidiano e naturale, di screditare l’Università pubblica, finanziando le private e facendo dello studio e della formazione una merce da comprare e da vendere.
Non biasimo chi, come quella ragazza appoggiata allo stipite, fa la scelta utile di investire nel proprio futuro, visto che il sistema richiede questo. Mi incazzo però con il sistema. E con quelli, proprio come quella ragazza appoggiata allo stipite, che lo difendono perché ci stanno dentro e, in fin dei conti non è così male.
Punto primo: il sapere non può stare in mano ai privati o al primo imprenditore avveduto, per una questione di principio. Sarò all’antica? Lo sono. L’educazione è una cosa seria, la cultura è ciò che ci permette ancora di essere liberi, consapevoli della nostra condizione di cittadini e del nostro ruolo nel mondo. Punto secondo: proprio per questo, deve essere data a tutti la stessa possibilità di partecipare e di godere della cultura a disposizione in un preciso momento storico. Punto terzo: se la formazione e l’educazione sono private, nasce un conflitto inevitabile tra il sapere offerto a tutti nello stesso modo e il sapere d’elite che solo il privato può permettersi di offrire. Per fare un esempio pratico: un prof straniero, eccellente, preparato, un pezzo grosso insomma, decide di venire in Italia per tenere una conferenza. Con tutte le attenuanti e le eccezioni del caso, pensate che preferirebbe farlo per una bella sommetta con tanto di autista privato o per il rimborso spese che il ricercatore della Sapienza o il professore di turno che l’ha invitato possono permettersi?
Quello che mi irrita più di tutto, è l’idea che la tipa dello stipite continuava a ripetere: “Beh il privato funziona meglio, ci tiene di più, la pubblica va a rotoli.” Ma porca miseria, che argomento è? Scelgo il privato perché la pubblica TANTO non funziona. È come dire: ho la doccia rotta, vado dal vicino che c’ha la Jacuzzi, perché tanto se la riparo si rompe di nuovo e poi la mia c’ha le maioliche scheggiate.
Per chiudere in bellezza (nel frattempo il treno superava Cisterna) vogliamo parlare dei finanziamenti PUBBLICI alle università private? E la tipa: “Che io sappia, fino al 90% è tutto privato”.
Ma anche quel 10%, ma anche se fosse lo 0,001% pubblico, sarebbe comunque uno schifo dico io. A La Sapienza quest’anno hanno ridotto i corsi da 23 a 11, accorpando e facendo un taglia e cuci da record. I ricercatori stanno in mezzo alla strada. Nella mia facoltà di Filosofia fino a due anni fa c’erano quattro corsi di Estetica, tutti molto frequentati. Ora li hanno ridotti. No money, no lessons.
E tu, cara la mia tipa dello stipite, mi vieni a dire che “solo il DIECI PER CENTO è finanziato dai soldi pubblici”. Scusa, rimangio tutto: Io non ho più il corso di Estetica musicale, però magari quel DIECI PER CENTO statale vi serve per le lavagne al plasma.

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