domenica 12 dicembre 2010

Nello stomaco sei sempre solo. E pure nel ricordo. Riflessioni tra Kundera e Ligabue




Scorrendo la mia libreria o meglio, quella figlia che lentamente e con costanza mi sto crescendo, mi è capitato tra le mani un bell’Adelphi color cobalto: L’Ignoranza di Kundera. Questo libro mi è caro per più di un motivo: primo per cause contingenti, visto che l’ho trovato al mercatino dell’usato della mia città ed è sempre un piacere fare scoperte di questo tipo. Secondo, perché dopo aver letto l’Insostenibile leggerezza dell’essere, Kundera mi si è riconfermato geniale. Terzo, perché mi ha dato modo di riflettere su un tema affascinante ma non sempre considerato giustamente, cioè quello del ricordo. Più precisamente del ricordo soggettivo. E ultimamente ci sto pensando tanto a questa genialità colta da Kundera: molto spesso, anzi quasi sempre aggiungerei io, diamo per scontato che i ricordi che condividiamo con gli altri figurino nella mente degli altri con le stesse sfumature che hanno nella nostra. Salvo poi accorgerci, con un tonfo dalle nuvole, che non è così! E non lo è mai! Per il semplice fatto che la realtà la viviamo filtrandola attraverso di noi e per questo non è univoca. La stessa situazione può rimanerci in mente per un profumo o magari per un colore. A me per un profumo, a te per un colore. Ed ecco già che ci sono due ricordi diversi della stessa situazione. Per non parlare del bagaglio emotivo attraverso cui filtriamo le nostre esperienze e che è inevitabilmente diverso da quello di chiunque altro.
Ora ho deciso di non rimetterlo a posto questo libro. Me lo tengo qui, sulla scrivania, accanto all’agenda. Tra il telefono e il lettore cd. Così, come un promemoria alla vita. L’Ignoranza di Kundera, come l’ignoranza nostra rispetto ai ricordi degli altri, come l’ignoranza dell’altro rispetto al mio ricordo. E se a Sartre veniva la nausea a pensare quanto diavolo fosse solo in se stesso, quanto fosse insuperabile il suo solipsismo, e se pure Liga l’ha capito che “Nel mio stomaco sono sempre solo, nel tuo stomaco sei sempre solo, quello che senti lo sai solo tu”, userò Kundera proprio come promemoria di tutto questo.
Per evitare di cadere in illusioni grossolane, in delusioni ingenue, per evitare di rendere assoluto il soggettivo, di imporre al MIO ricordo lo statuto ontologico di “IL RICORDO” . Non esiste un ricordo assoluto. Esiste il mio. E il tuo. E non coincidono mai, ma proprio mai mai.

1 commento:

  1. Kierkegaard diceva che "il ricordo è un consolatore molesto."
    ...ci chiudiamo a ricordare per consolarci e finiamo per molestarci. Magari una sana molestia, di quelle da cui scappi ma che cerchi. Quelle che non vorresti ma di cui non riesci a fare a meno.
    Io ora sto ricordando. Poi capisco che mi sto molestando.
    E, sebbene abbia letto che, come dici tu, "i ricordi sono come i sogni: si interpretano", non credo che non coincidano mai, ma proprio mai mai.
    Tu non ti stai molestando? ;)

    Ps: è sempre un piacere leggerti...e molestarmi.

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