martedì 13 ottobre 2009

La diversità in una foglia

Come al solito era dannatamente in ritardo. Gliel'avevano raccomandato. E' una conferenza importante Laura, dobbiamo avere l'esclusiva. Inizierà per le 15,00 ma tu cerca di essere lì un pò prima. E lei ce l'avrebbe anche fatta se Penny non avesse deciso di arrampicarsi sull'edera della sua vicina. E mentre correva tra le persone alzando il suo pass non poteva far altro che chiedersi perchè aveva scelto proprio un gatto come compagno di vita. Sarà che con gli uomini non aveva mai avuto un bel feeling. L'ultimo si era silenziosamente ritirato spegnendo il telefono.
Aveva ragione il capo, era davvero un meeting importante. Continuava ad arrivare gente nonostante fossero le tre e mezza passate. E Laura doveva inventarsi quella mezz'ora che aveva perso. L'aula era stracolma e un leggero brusio accompagnava le parole scandite dalla voce acuta della presentatrice. Finalmente sulla sua poltrona, l'unica vuota fra la stampa, Laura respirò profondamente e tirò fuori il block notes, suo inseparabile compagno di vita.
'Il progresso positivo' era il titolo dell'incontro ed era già pronta a sputare veleno contro quegli intellettuali borghesi, che inneggiavano a un progresso globale, a un'economia liberista come panacea dei mali del mondo. La presentatrice vestita di blu stava intramezzando due interventi. Sempre la solita euforia, la solita cadenza regolare e il tono deciso di chi è ottimista, perchè l'uomo ha il mondo nelle sue mani e, se vuole, può cambiarlo.
Quanti ne aveva sentiti di quei discorsi Laura. E più ne sentiva, più rimaneva convinta delle sue idee. Quante battaglie contro i mulini a vento, manifestazioni, articoli e quante notti insonni a cercare un dannato modo per risvegliare l'animo rivoluzionario delle persone. Tutto invano. I suoi articoli, carta bruciata. Eppure non se ne pentiva, lei che non si era piegata nonostante la tragica scoperta del valore del compromesso. Lei non c'era cascata, aveva tirato dritto e continuava a farlo.
Era la sua rigidità che l'aveva inchiodata a un giornale di provincia, ma lei ne andava fiera. Meglio essere sconosciuti che conosciuti per ipocrisia. Eppure ci sapeva fare, era convinta di essere brava. Brava, ma troppo polemica.
Intanto gli interventi si susseguivano e i fiorellini sull'angolo del block notes stavano circondando l'intera pagina.
Il mormorio si era placato. Qualcuno faceva la faccia attenta, qualche altro annuiva. I soliti leccaculo in prima fila.
Poi si alzò lui. Camicia chiara, cravatta a righe blu e rosse e giacca scura. Pure un fazzoletto nella tasca. Occhiali squadrati e capelli corti. Buonasera a tutti, grazie per essere intervenuti così numerosi. Era lui. Ma non poteva esserlo. L'aspetto era di un altro uomo. La cravatta anche. E una conferenza del genere. Non poteva essere lui. Eppure il suono della sua voce la rimandò a vent'anni prima. Era la stessa, ma proveniva da un altro uomo.
L'aveva sentita sussurare piano quella voce, in una tenda montata alla bell'e meglio. In mezzo a quattrocentomila persone. Era filtrata attraverso una barba non fatta, si era confusa al fumo. Era forte quella voce, decisa. E lui l'aveva usata per affascinarla. Per dire cose, per dire parole che a Laura erano apparse le uniche giuste in quel momento. Era una voce decisa, intelligente. Era una voce rivoluzionaria, che vibrava e superava anche le note del rock.
Woodstock. 1969. Io e lui. Il caldo del 16 agosto. I nostri sogni, la nostra forza. I nostri ideali. Nella mente di Laura circolavano questi pensieri, si susseguivano mentre lui continuava a parlare. Doveva ascoltarlo, doveva capire. E ogni frase strideva fortemente con quelle che lei ricordava, parola per parola.
Ora parlava di progresso, di libertà, dei danni operati dai sindacati, della povertà da sconfiggere con la libera iniziativa. Dei fallimenti di un'economia statalizzata e..
e fu in quel momento, alla parola 'oggiogiorno' che lui incrociò il suo sguardo, Gli occhi, quelli rimangono gli stessi e lei avvertì una leggera inclinazione nella sua voce, come se fosse stato scoperto, come se avesse scoperto di essere in pericolo.
Laura non reagì. Appuntò per filo e per segno ogni parola e andò via, trascinando la pesante borsa patchwork in cui teneva il suo materiale.
Poi si sedette su una panchina. E respirò profondamente. Cominciarono i perchè. Perchè lui era così cambiato? Perchè, soprattutto, lei non lo era? Cominciò a chiedersi perchè lei non era cambiata insieme al mondo. E si sentì vecchia, patetica.
Poi cadde una foglia, proprio accanto a lei. A dieci centimentri dal suo piede. E pensò che le foglie cadono sempre, continuano a cadere, poi ne nascono delle altre. Ma l'essere foglia non muore.
E capì che neanche le idee muoiono, Le idee possono sporcarsi, possono essere sfiorate, possono essere conservate di nascosto. Ma le idee non muoiono. E non muoiono perchè c'è qualcuno che le porta avanti, le urla e non si piega al tempo che cambia e cerca di investirti.
E fu felice, provò una felicità unica. Si alzò, prese la mela che aveva sempre con sè e guardò allontanarsi quella mercedes scura, con quegli occhi chiari dietro al finestrino, che si erano arresi al mondo.
Ma lei no, giurò che non si sarebbe arresa mai e corse subito a casa a scrivere il suo articolo.

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