mercoledì 25 maggio 2011

Sono i ricordi che ti fregano.



Sono i ricordi che ti fregano. Ti bussano alla porta, mentre tu sei intento a costruirti il tuo castello di ragioni, che non vale un fico secco e te lo fanno crollare, con la loro strafottenza.
Si presentano quando meno te lo aspetti, mentre apri la porta di casa, carico come un mulo, con la borsa a tracolla, la busta della spesa in una mano, la borsa della palestra nell’altra, le chiavi irrimediabilmente nel fondo, sotto a tutto il resto e la posta tra le labbra, perché hai finito le mani.
Così si presentano i ricordi, come delle maledizioni tra i denti, mentre cazzo, non fai altro che vivere la tua vita.
Oppure, quelli più infami, ti entrano in testa mentre sei in macchina, magari in mezzo al traffico e la radio sceglie per te. I ricordi che abusano delle canzoni sono i più infami, perché sono loro i responsabili del tuo sorriso triste, e del clacson dell’automobile in fila dietro di te, suonato dalla solita stronza che ha fretta.
Poi ci sono i ricordi che spuntano per caso, in quel dannato scontrino o in quel biglietto del cinema. E tu sei lì a pregarti, per il futuro, di essere più ordinato e di buttare via ciò che non serve! E di un cazzo di scontrino, che puoi fartene?
I peggiori di tutti, però, sono i ricordi che ti seguono. Ti si appiccano al culo e non c’è modo di liberartene. E la cosa peggiore è che ti portano loro, dove vogliono. In quella pizzeria, piuttosto che in quell’altra, per quella strada, invece che passare per di là. E tu obbedisci, ti fai portare da loro. Magari ci provi pure ad opporre resistenza, ma non è che puoi riuscirci.
Perché quando un ricordo si fissa, lo devi lasciare che scorra, non puoi bloccarlo. È come quando provi a bloccare l’acqua in un tubo. Lo stringi con le pinze, lo blocchi. Ma poi quello si gonfia e prima o poi il tubo scoppia e tu ti bagni lo stesso. Tanto vale lasciarlo scorrere. Tanto prima o poi finirà l’acqua no?
Che poi questi ricordi, non sono solo belli o brutti. Non li puoi classificare. Si potrebbe dire che sono talmente belli che ti fanno stare male. E tu ci anneghi, come quando mangi la nutella, tanta nutella. Ti piace, cavolo se ti pace. Mica ti basta un cucchiaino. Macchè, ci moriresti in quella Nutella. E tu lo sai quanto ti fa male, ma non puoi fare a meno di assaporarla.
E poi stai male. E pensi: ma il mio autocontrollo dov’è finito? La mia razionalità, le mi ragioni, le mie riflessioni. Se le sono mangiate i ricordi, ecco dove stanno.
Come quando quella bambina con le trecce s’era incaponita a voler fare un castello di carte davanti alla finestra. “Voglio vedere il mio cagnolino che corre in giardino”. “Ma ti voleranno le carte, c’è vento” Le diceva il papà.
Lei niente, voleva a tutti i costi farlo lì il suo castello. Allora si metteva in ginocchio sulla sedia e, lentamente, metteva le carte una sopra all’altra, senza nemmeno respirare, perché aveva tra le mani una cosa delicata!
Finchè, arrivata a un passo dalla cima, il vento spazzava via tutto.
È così che và coi ricordi. Tu la buona volontà ce la metti, di buon senso ce ne metti di più. Ma niente, arrivano e spazzano via tutto.
Sono sempre i ricordi che ti fregano.

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